A cura del Dott. Emanuele Parlavecchio, praticante Avvocato presso Blandi & Partners
Con sentenza del 29.7.2022, il Tribunale di Palermo, Sez. III civile, ha disposto in favore della Sig.ra L., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Stefano Mandalà e Federica Lombardo dello studio Blandi & Partners, per il riconoscimento di un credito nei confronti dell’ex coniuge per prelievi irregolari dal conto corrente cointestato.
La materia del contendere riguarda la disciplina dell’art. 1298 c.c. e nello specifico la presunzione di contitolarità delle somme presenti sul conto corrente cointestato. In particolare, la ricorrente affermava di avere corrisposto una somma maggiore rispetto a quella versata dall’ex marito, ma che al momento della cessazione del contratto ex art. 1823 c.c., aveva rinvenuto una somma di molto inferiore.
Al fine di vincere la presunzione della contitolarità del denaro, parte ricorrente forniva i documenti attestanti tutti i movimenti bancari in uscita dal proprio conto personale verso il conto cointestato e viceversa.
L’On. Tribunale sul punto ha disposto che, “In ordine alla richiesta relativa alle somme esistenti sul conto corrente cointestato tra i coniugi, in regime di separazione dei beni, va ricordato, invero, che in base all’articolo 1298 del Codice civile, la cointestazione di un conto corrente in capo a due coniugi fa presumere la contitolarità del contratto, salva la diversa prova contraria a carico della parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa. Per vincere tale presunzione, tuttavia non è sufficiente la prova di aver avuto la proprietà e la disponibilità esclusiva del denaro versato sul contro, valendo la cointestazione a rendere solidale il credito anche se il denaro sia immesso sul conto da uno dei cointestatari o da un terzo a favore di uno solo o di entrambi i coniugi, ed essendo, invece, dirimente la prova della pertinenza esclusiva”.
Considerato che nel caso di specie è stata fornita la prova di avere versato dal proprio conto personale una considerevole quantità di denaro e che alla chiusura dello stesso residuava solo una minima parte di quanto corrisposto, la domanda sul punto trovava accoglimento e l’ex coniuge veniva condannato alla restituzione della somma mancante.
La decisione del Tribunale di Palermo si muove nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione: infatti, i giudici in diverse occasioni hanno affermato che “ In base al dall’art. 1298 c.c., comma 2, il debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo si deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto” ( Cfr. Cass. Civ. Sez. II, n°4838 del 23 febbraio 2021, anche Cass. Civ. Sez. II, n° 77 del 4 febbraio 2018) .