A cura dell’Avv. Massimo Blandi
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che sia illegittima – perché contraria alla direttiva Bolkenstein – la norma nazionale che ha prorogato di 15 anni tutte le concessioni demaniali marittime turistico ricreative.
In particolare;
ha ritenuto che la risorsa spiaggia sia una risorsa scarsa, così oggettivamente ritenuta in quanto le concessioni sono rilasciate dai Comuni e dunque riguardano brevi tratti del territorio;
ha ritenuto che in materia di concessioni demaniali marittime sussista in re ipsa l’interesse transfrontaliero certo;
ha ritenuto che le concessioni demaniali marittime per uso turistico ricreativo costituiscano dei cc.dd. servizi, quando – come appunto tipicamente avviene per le concessioni turistico ricreative – la fattispecie dia luogo a prestazione di attività economiche o ne costituisca presupposto per l’esercizio.
Dal che, ha fatto discendere l’obbligo – per Giudici e apparati della P.A. – di disapplicare “senza se e senza ma” quelle proroghe, tutte ricondotte al 31.12.2023, anno entro cui dovrà essere legiferato “mettendo a bando” le aree.
Il che significa che non basta ipotizzare un concorso ex art. 37 cod. nav. che possa sorgere al momento della richiesta di rinnovo della concessione demaniale – escludendolo, dunque, nell’ipotesi in cui, dopo la pubblicazione, non pervenga alcuna domanda concorrente (come avviene per adesso) -, ma occorre che, approvati tutti i PPUUDDMM, vengano messi a bando i vari lotti e che il precedente concessionario debba presentare una propria offerta, secondo i criteri pur indicati ex multis dal Consiglio di Stato (e non riconducibili solo al canone, che deve essere peraltro rapportato al pregio dell’area ed alla destinazione economica della stessa), prevedendo che il metodo di aggiudicazione sia quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa e che l’aggiudicazione avverrebbe anche in caso di presentazione di una sola offerta.
IN SICILIA
Il primo dubbio da dipanare è quello relativo alla ricaduta anche in Sicilia delle statuizioni del Consiglio di Stato.
Adunanza Plenaria si riferisce ad una “normativa nazionale”, e a risorse scarse perché le concessioni – in Italia – vengono rilasciate dai Comuni, che hanno, dunque, un territorio limitato.
Sotto questo profilo, la Regione siciliana potrebbe distinguersi perché – unica nel panorama nazionale ad essere proprietaria del demanio marittimo – ha una legislazione ed una prassi tutte proprie (sebbene la proroga delle concessioni sia stata disposta in applicazione della norma nazionale, oggi ritenuta tamquam non esset da Adunanza Plenaria), e perché, atteso che le sue spiagge devono essere unitariamente considerate e non frammentariamente, la risorsa spiaggia non è scarsa.
Invero, tecnicamente, la prassi dell’apparato amministrativo siciliano ha consentito non tanto una proroga tout court delle concessioni, ma una estensione della relativa validità al 2033 “su domanda” ed in funzione della verifica di talune condizioni, quali la regolarità del DURC, la verifica antimafia e la regolarità nel pagamento dei canoni.
Tuttavia, tali richieste di estensione non sono state soggette a forme di pubblicizzazione, e questa circostanza sembra dirimente al fine di escludere la possibilità di considerare le intervenute “estensioni” siciliane non contrarie alla BOLKESTEIN.
Si potrebbe anche pensare a forme di “sanatoria”, procedendo ad adeguata pubblicizzazione della domanda di estensione, ora per allora.
In ogni caso, in funzione di un nuovo procedimento per il rilascio delle concessioni demaniali marittime in Sicilia, si dovranno mettere a bando i lotti di spiaggia, dunque subito approvando i PPUUDDMM e comunque legiferando in materia di canoni demaniali marittimi secondo ottiche tutte nuove, contemplando durata delle concessioni variabili o fisse (dunque predeterminandole in funzione della “location” del bene da concedere, secondo la più o meno ampia attrattiva turistica e capacità del bene di produrre reddito per il concessionario).
In tale attesa, si dovrebbe:
- Modificare i decreti di estensione di validità al 2033 delle concessioni turistico ricreative o assimilate, anticipandone la soglia al 31.12.2023;
- Prevedere che le richieste di estensione ancora in corso di riconoscimento siano considerate fino al 31.12.2023;
- Prevedere che le concessioni per uso turistico ricreativo e per gli usi assimilati già rilasciate per anni 6 nel 2021, siano confermate e siano messe al bando alla prima scadenza utile;
- concludere tutti quei procedimenti pendenti in cui sia stata già svolta l’istruttoria con il rilascio degli invocati titoli per la durata di anni 6, in funzione del legittimo affidamento dei richiedenti su tale esito
- Escludere da tutte queste questioni, le concessioni demaniali marittime per i cc.dd. usi privatistici – accelerando le pratiche di c.d. sdemanializzazione e vendita ai concessionari – ed in generale tutte quelle che non comportino l’uso del bene demaniale finalizzato all’esercizio di attività economiche (si pensi alle concessioni ai privati per il mantenimento di parte delle loro costruzioni che ricadano sul demanio, alle concessioni per gli usi residenziali di aree frontiste a quelle private, alle concessioni rilasciate ai condomìni, ai pescatori, ai cantieri navali, alle concessioni alla Lega Navale ed a tutti quei Circoli che svolgano attività di interesse pubblico, alle concessioni per uso sportivo), le concessioni nei porti per l’espletamento di operazioni portuali da parte delle Imprese Autorizzate, le concessioni rilasciate ai Comuni per il perseguimento di più ampi interessi pubblici, le concessioni da cui non si traggono lucri o proventi (ex art. 39 c.n.).
Adunanza Plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto:
- Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
- Ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari. Non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. in quanto l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha nella sostanza legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata. La non applicazione della legge implica, quindi, che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato. Venendo in rilievo un rapporto di durata, infatti, anche il giudicato è comunque esposto all’incidenza delle sopravvenienze e non attribuisce un diritto alla continuazione del rapporto.
- Al fine di evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste e, altresì, nell’auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell’ordinamento dell’U.E.